UN PAESE ‘FRAGILE’

alluvione romagna

GUIDO VACCA
Presidente A.I.M.

Se le le vittime e le immagini dei danni in Romagna ci hanno lasciato sgomenti, dobbiamo essere consci che situazioni analoghe si ripeteranno nel Bel Paese, poiché è noto che l’Italia ha una serie di fragilità e la pioggia che si è abbattuta sulla Romagna, e in altre regioni, ha semplicemente accentuato le difficoltà del nostro territorio a reagire agli eventi meteorologici estremi.

La Romagna è stata sott’acqua con i principali corsi d’acqua in fase di esondazione. Le aree agricole adiacenti ai principali corsi d’acqua sono state sommerse, e gli allagamenti hanno riguardato migliaia di ettari coltivati tra le province di Forlì Cesena e di Rimini, oltre che allevamenti e problemi sulle infrastrutture (capannoni, magazzini, strade poderali, canali). Se è vero che la siccità di questi mesi ha ridotto le capacità di assorbimento del suolo delle forti piogge, questa non può essere una giustificazione. Manca una politica di pianificazione e progettazione della rete idrica minore, una politica di attenzione alle capacità di risposta del suolo, una politica di forestazione intesa come strategia di consolidamento del suolo e di gestione delle acque, una politica che contrasti il dissennato utilizzo del suolo.

Il nostro è un Paese geomorfologicamente giovane e instabile, ricco di rocce friabili e impermeabili che favoriscono lo scivolamento in superficie dell’acqua piovana e un clima che alterna lunghi periodi di siccità a momenti di precipitazioni intense e concentrate in brevi archi temporali.

In questo scenario un’alluvione diventa una minaccia devastante. Frane e allagamenti si sommano all’azione dell’uomo e a politiche di cattiva gestione del territorio che negli anni hanno aggravato un quadro già complesso. Oltre alle cause artificiali il dissesto idrogeologico è acuito da una serie di fattori naturali e dall’inquinamento atmosferico dal cui intreccio nascono situazioni di pericolosità estrema che caratterizzano la mappatura di quasi tutto il territorio italiano.

Per l’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale) l’Italia è uno dei paesi europei maggiormente interessato da erosioni, frane e alluvioni: oltre 7 milioni di persone risiedono in aree vulnerabili e il 20% del territorio nazionale è seriamente minacciato da questi fenomeni. Frane e alluvioni rappresentano fattori di rischio idrogeologico per il 91% dei comuni italiani. Cambiamenti climatici, abusivismo edilizio, errori di piantumazione, urbanizzazione e cementificazione selvaggia, che ha comportato negli anni una profonda compromissione della copertura vegetale sul territorio nazionale, sono fra le cause principali di questo disastro.

A tutto ciò si aggiungono altri fattori di rischio che spesso attivano i fenomeni alluvionali ed erosivi, quali le opere idrauliche sbagliate, il disboscamento, gli argini mal realizzati; le briglie, gli invasi, le dighe, i prelievi massicci di sabbia e ghiaie dagli alvei dei fiumi; la mancanza di cura nella pulizia degli alvei; l’impermeabilizzazione del suolo, l’abbandono dei terrazzamenti agricoli.

Un contributo importante nell’ottica della riduzione del rischio idrogeologico in Italia potrebbe essere fornito dalla riprogettazione delle aree boschive e agricole e da altri interventi di ingegneria naturalistica, volti alla riqualificazione delle aree agro-silvo-pastorali. Il rimboschimento dei terreni agricoli in stato di abbandono così come dei pascoli degradati è fondamentale per la stabilizzazione naturale degli strati di suolo più superficiali e dei corsi d’acqua che vi scorrono.

Non esiste una soluzione univoca, si deve agire programmando una strategia volta a proteggere un territorio fragile, che sarà sottoposto a frequenti eventi estremi.

Non c’è un’unica soluzione… ma le soluzioni vanno trovate con urgenza!